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CORNAGET

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02 agosto 2018

 

Era da un po’ che volevo andare sul Cornaget ma da quella volta che per la nebbia non eravamo riusciti a trovare nemmeno la forcella del Savalons non avevo più avuto l’occasione o la voglia di tornarci. Propongo quindi a Marco di farci questa sgambata, anche per fare un buon allenamento, e l’amico ben accetta. Ci inoltriamo in auto nella poco frequentata val Settimana fin dove la tabella del sentiero CAI 375 ci indica il punto di partenza della nostra escursione e così parcheggiamo e ci prepariamo.

Iniziamo a camminare fra il profumo dei ciclamini prima d’entrare nel bel bosco. Qui il percorso s’impenna di colpo ma senza perdere il passo saliamo veloci. Fra qualche sbuffo e una grossa sudata, più per l’umidità pazzesca che per la temperatura, giungiamo fino al bivio segnalato che porterebbe a forcella Cadinut. Noi proseguiamo verso il bivacco Anita Goitan. Certo che di sviluppo fin qui ne facciamo ben poco.

L’ultima parte prima della grossa scatola di latta rossa perde un po’ di ripidezza e così possiamo rifiatare un attimo. Giunti a questa ci infiliamo dentro e lasciamo traccia di passaggio scrivendo nel libro i nostri nomi. Dopo aver bevuto un po’ e mangiato un pezzo di cioccolato riprendiamo l’andare.

Poco più su due stambecchi ci osservano annoiati e per nulla impauriti. Al contrario un camoscio non si lascia nemmeno fotografare e sparisce con un balzo fulmineo. Siamo in direzione della forcella della Meda perché le nuvole ci lasciano vedere ben poco sul dove andare e questo è il percorso più lungo ma che non lascia dubbi sulla direzione da prendere. Poi con un’ampia curva oltrepassiamo tutto il cadino fin sotto le Podestine, fra splendide e incredibili fioriture di ranuncolo alpestre e genzianelle.

Uno squarcio ci mostra la forcella del Savalons e sicuri saliamo fino a essa. Poi la via normale che porta alla nostra cima è fin troppo segnalata da ometti oltre che avere spesso un’ottima traccia. Solo all’inizio presenta un breve passaggio di primo grado, poi è solo da fare attenzione a come e dove si mettono i piedi per riuscire a toccare la vetta.

Sulla cima l’inaspettato mare di nuvole. Bellissimo. Il sole ci scalda e ci asciuga. Non possiamo abbandonare subito questo luogo, soprattutto guardando pochi metri più in basso, e quindi ci crogioliamo per più di mezz’ora, distesi sulle ghiaie sommitali, parlando del più e del meno, intervallando i discorsi da piacevoli silenzi.

Tocca scendere. Ripercorriamo la via di salita fino alla forcella, poi nuovamente nel cadino ed infine alla forcella della Meda. Il sole sembra aver la meglio dai nembi che ci avvolgono, ma solo per poco. Arrivati alla forca scendiamo le ghiaie dentro un canale dove una volta passava un sentiero che ora non esiste più, mentre la nostra stella svanisce e tutto diventa cupo e ovattato. Solo qualche sasso che cade da qualche parete si fa sentire.

Facendo attenzione ai bolli dopo 150/200 metri di dislivello negativo abbandoniamo le rotte ghiaie per risalire a sinistra una breve paretina con un passo di II grado e portarci sopra ad una piccola spalla che nasconde dietro di se un altro canale. Qui facciamo un paio d’ometti e poi torna un bel sentiero evidente che in breve ci deposita a forcella delle Pregoiane.

Non ci resta che seguire il sentiero CAI 376. Tutto in discesa filiamo veloci mentre ci lasciamo le nuvole sopra di noi. Poco sotto al landre dei Rondoi una frana ha cancellato un pezzo del ripidissimo tratturo, ma nulla di impossibile da passare.

Poi, dopo oltre 1500 metri di dislivello, eccoci al rifugio Pussa dove siamo ben accolti da Ezio, il gestore. Assetati non possiamo che darci alla birra per festeggiare il bel giro fatto, per poi rientrare all’auto sotto la pioggia.

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