TOFANA DI ROZES
10 luglio 2022
Praticamente ogni anno torno in Tofana di Rozes per la via normale, mi piace ed inoltre la salita è relativamente semplice. Però la maggior parte delle volte che ci salgo la uso come banco di prova per vedere come va la gamba e questa volta è una di quelle volte.
Prossimi a un giro in occidentali mi rende sempre incomprensibilmente sereno salire questa cima.
Sono con Luca, Andrea e il mio giovane vicino di casa Matteo. Partiamo presto al mattino per non trovare traffico e per essere di ritorno a casa nel primo pomeriggio, così alle sette e mezza siamo già al rifugio Dibona con la macchina alle spalle. Essendo in 4 mi basterebbe essere in cima entro le due ore e mezza, tempo limite per testare come stiamo tutti visto che è con i primi due menzionati che a breve pesteremo il ghiaccio del Monte Rosa… del giovincello non mi preoccupo, con i muscoli che ha e con il fiato che s’è fatto tramite l’attività sportiva so già che verrà su come un treno.
Dopo 100 metri di dislivello tagliamo in mezzo gli unici mughi che macchiano la parte bassa del ghiaione che scende dal Valon de Tofana. Andrea non ci segue, gira largo vedendoci lungo, Luca tira un porco, Matteo si diverte, io penso a quanto cavolo sono cresciuti i rami provando a ricordare da quanto tempo non passo qui in mezzo e molto probabilmente sempre in discesa. Continuiamo a tagliare fino a raggiungere l’ampia strada di servizio a 2300 metri di quota e da lì sù di buon passo fino al rifugio Giussani.
Arrivati in forcella Fontananegra il vento ci preannuncia che nonostante il caldo in pianura, qui il refrigerio è assicurato. Anche un po’ troppo refrigerio. Si, si può tranquillamente dire freddo per la stagione che stiamo vivendo.
Ci vestiamo tutti tranne Matteo, che per inesperienza non s’è portato via praticamente nulla, ma è resistente e sale. Resistente per un po’, poi gli passo il mio antivento quando vedo che le sue labbra diventano blu di inizia a perdere le dita di una mano. No, forse sto un po’ esagerando, però l’antivento glielo dò perché effettivamente il forte vento, la quota e una giornata non propriamente limpida fanno percepire ai nostri corpi più freddo del previsto.
Seguiamo i tanti ometti della via normale, a volte posizionati su altre tracce, assieme ai bolli blu che in certi punti sembrano essere fatti ossessivamente ed in altri praticamente non ci sono. Saliamo comunque veloci, siamo nei tempi.
Passiamo vicino all’uscita della bella ferrata Lipella, vecchi ricordi, e vediamo già l’ultimo tratto. Ormai il nevaio vicino alla cima non c’è più, inesistente, altre volte in questo periodo solitamente almeno un po’ di ghiaccio si trovava.
La traccia s’impenna. Passiamo a destra della stondata cresta. Ultimi centro metri più faticosi che altro e finalmente ecco la grande croce in ferro riempita di sassi. Sono passate due ore da quando eravamo partiti. Subito dietro a me ecco Matteo. Dopo qualche minuti Luca e infine Andrea che per far gamba ha preferito salire senza bastoncini. Ottimo test.
Il vento sferza ancora più forte ma forse grazie anche a lui sulla cima siamo da soli e ce la possiamo godere, ma di contro mi devo mettere anche i guanti, quelli leggeri che mi porto dietro proprio per queste rare occasioni.
Panini, acqua, foto, due chiacchiere, quattro risate.
Parlando scopriamo con gran stupore che il giovine della compagnia era sempre andato a camminare per rifugi, anche con dislivelli da mille metri come per il Galassi se non ricordo male (oltre ad arrampicare in palestra), ma non era mai stato su una cima di una montagna. Beh, che dire, oggi sicuramente s’è fatto una gran bella vetta per essere la sua prima. Un bell’inizio!
Dopo una ventina di minuti decidiamo d’esser stufi d’essere presi a schiaffi dall’aria. Iniziamo così a scendere, questa volta giù più diretti verso nord fino a ritrovare il percorso fatto in salita che poi seguiamo pari pari.
Ora incrociamo qualcuno. Saranno una decina di persone in tutto, ben poche per essere domenica, ma come scritto visto il meteo forse è abbastanza normale che sia così.
Al rifugio Giussani ci fermiamo a fare una pausa per una birra, è d’obbligo!, e anche per scaldarci un attimo. Con il venticello che tira non ci stupisce trovare la struttura piena, ma per fortuna al nostro arrivo si libera un tavolo. Perdiamo un po’ d tempo ma ce la raccontiamo. È proprio una bella compagnia.
Finita la birra non ci resta che scendere per l’ultimo tratto. Un po’ di “scurtoni” lungo le ghiaie che qui non mancano e in breve siamo nuovamente al parcheggio del Dibona, dove concludiamo la fresca ma appagante mattinata.
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